Wishing, (completamete inventata!XD)

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Sasith90
view post Posted on 10/10/2007, 12:48




Eccovi i primi due capitoli di questa mia storia che non ha a che vedere con i personaggi di anime o manga ma spero vi piaccia comunque!^^



Era inverno. Grandi, candidi fiocchi piovevano giù dal cielo. Il paesaggio al di fuori della camera da letto di Rachel era ormai interamente bianco. Lei adorava quel periodo, perché il Natale era alle porte. Era sempre stata un’amante della neve; ricordava che da piccola si divertiva un mondo a tuffarsi e fare angeli in quel freddo manto. Ora erano solo ricordi lontani ma pur sempre vivi nella sua mente. Così decise, di punto in bianco, di indossare la tuta ed uscire fuori in giardino; appena mise un piede nella neve, sentì un brivido percuoterla e si lanciò in avanti.
Che fredda!
Rachel chiuse gli occhi e gelidi fiocchi le atterrarono sul viso.
Quante volte, gli inverni passati, si era divertita in spassose battaglie di palle di neve con la sua famiglia, con i suoi amici…

1° CAPITOLO: WISHING



Medison passò davanti la finestra della cucina, intento a rubare qualcosina nel frigorifero, di nascosto da sua moglie. Appena un’ora prima, mentre guardava uno dei tanti telegiornali, aveva visto la donna trafficare con farina, uova e zucchero, per poi sentire un buonissimo profumo che andava a solleticare le sue papille gustative.
Durante il giorno della Vigilia, Marion si dava da fare; era una donna capace di passare anche tutto il giorno in cucina.
Ora l’uomo vide davanti ai suoi occhi una meravigliosa torta al cioccolato, con tanto di praline colorate, che le donavano un aspetto natalizio.
-Medison…-si sentì rimproverare dalla moglie mente affondava il coltello nel dolce.
-Quel dolce l’ho preparato per mangiarlo tutti insieme questa sera!-lo rimproverò.
Lui abbandonò così l’idea di assaggiarlo e poggiò la lama nel lavello. Poi si voltò verso la moglie, fissandola negli occhi in cerca di perdono e, non trovandolo, andò da lei e l’abbracciò. Scostò una ciocca dei suoi capelli biondo cenere, che coprivano i suoi occhi smeraldo, dicendo:
-Scusa, ma lo sai che non resisto alle tue ricette culinarie, soprattutto se sono dolci! Sei così brava in cucina, migliore dei più grandi chef francesi e…
La moglie lo interruppe baciandolo e dicendo:
-Va bene, ti perdono!
Marion era abituata alle scuse del marito, che puntualmente la lodava appena lei si arrabbiava con lui. Erano sposati ormai da ben vent’anni e lo comprendeva fin troppo bene. Si erano conosciuti per caso, una sera, in un locale; lei cadde accidentalmente a terra e lui prontamente la aiutò a rialzarsi…quello che viene chiamato semplicemente colpo di fulmine. Lei era una biondina che a quei tempi facevano colpo su molti giovani, mentre lui era un ragazzo semplice a dir la verità, ma dai modi gentili, con una folta chioma rossa ed occhi verde chiaro. Si amarono dal primo momento ed ebbero tre meravigliosi figli: Rachel, quasi maggiorenne, Edward, che aveva appena compiuto dodici anni e Sindy, la più piccolina di soli cinque.
-Ma chi…?- esclamò Medison vedendo qualcosa di rosso fuori nel giardino.
Marion corse a vedere chi fosse l’intruso e, aprendo la porta di casa, si trovò una sagoma rossa distesa nella bianca neve del giardino. Poi riconobbe la figlia, vedendo il suo volto: si era addormentata.
-Per l’amor di Dio! Svegliati Rachel o ti beccherai un raffreddore!- la svegliò prontamente il padre.
Rachel si alzò e inizialmente non capì bene la situazione nella quale si trovava, ma poi l’uomo le fece notare i suoi capelli ormai bagnati. Rientrando controllò l’orologio e notò di aver passato due ore nella neve. Corse di sopra in bagno e si preparò un bel bagno caldo. Dopo tutto quel tempo passato come se fosse stata ibernata, entrare nell’acqua calda era davvero un toccasana.Si immerse completamente, divertendosi a giocare con la schiuma e le bolle di sapone.
Già è arrivato il Natale e, come se non bastasse, tra tre mesi sarà il mio compleanno…
Il tempo era davvero passato in fretta e lei non se ne era resa conto.
Uscì dalla vasca solo quando sua madre la chiamò per scendere in sala da pranzo: era pronta la cena.
La cena della Vigilia in casa Louise di certo non rientrava nella norma. Sua madre preparava abbastanza cibo quanto bastava per una legione di mercenari, nonostante in famiglia fossero in “pochi”. Forse era dovuto al fatto che suo padre e suo nonno mangiavano come se al posto dello sSeanaco avessero un pozzo senza fondo. Loro potevano permetterselo, perché in fondo erano di costituzione magra, a differenza di Rachel e la madre che, durante le festività, facevano spesso visita alla loro cara amica bilancia.
Quella sera aveva indossato un grazioso abito rosso per restare in tema e, uscendo dalla camera, incrociò il suo fratellino che indossava un pullover verde fatto con amore dalla madre, che risaltava la sua zazzera bionda e i suoi occhi verdi. I loro occhi s’ incrociarono ed Edward sorrise beffardo; Rachel sapeva fin troppo bene cosa avesse in mente il bimbo, che scese di corsa la lunga scalinata. La sorella correva dietro di lui e si davano continui spintoni per arrivare primi a tavola. Lo facevano ormai da sei anni e la cosa li divertiva molto. Era in momenti come quelli che a Rachel piaceva essere la sorella maggiore. Arrivò per ultima in sala da pranzo e fu salutata calorosamente da tutti i presenti. Quella riunita lì era la sua grande famiglia, composta da circa una ventina di persone, compresi zii e nipotini vari, e l’atmosfera era meravigliosa.
-Mamma, dove sono i miei regali? Sono arrivato primo a tavola oggi!- aveva chiesto respirando affannosamente Edward.
-Dopo cena tesoro- il sorriso del bambino scomparve dal suo volto.
La cena era uno dei momenti migliori della serata. Tutti erano allegri e si raccontavano gli avvenimenti più divertenti e inverosimili dell’anno.
-Rachel tu tra poco diventerai maggiorenne, vero?- le aveva chiesto la zia raggiante. Zia Carol era la sorella minore di sua madre ed era sposata da circa tre anni. Lei e suo marito avevano avuto un bambino, Foster, che aveva i capelli neri della madre e gli occhi grigi e vispi del padre. Aveva due anni e le poche paroline che sapeva erano mamma, papà e Rachel. Rachel lo adorava e si divertiva ad insegnarli nuove parole.
-Si!-rispose fiera la nipote.
-Già, la mia nipotina preferita sta per diventare adulta!- Sospirò suo zio Mark, stingendole le spalle con il suo braccio. Mark era il “fratellino” di ventisette anni di suo padre…un puro scavezzacollo. La sua bellezza era invidiabile con quegli splendidi occhi verdi e i suoi lineamenti ben marcati, che gli davano una certa popolarità con le donne. Ma lui era l’unico della famiglia a non aver messo su famiglia; la sua filosofia era “Al cuor non si comanda” e così facendo cambiava ragazza ogni mese. Con lui Rachel riusciva a parlare tranquillamente di ogni argomento, anche di ragazzi, e lui sapeva darle ottimi consigli.
-Zio non resterò una bimba in eterno! - sorrise Rachel.
-Ma bada che il tuo innamorato dovrà avere anzitutto la mia approvazione prima di frequentarti! Chiaro?
-Ehi!- intervenne Medison - guarda che il padre sono io!
-Che vorresti dire?
-Che sarò io a doverle dare l’ok!
-E la figura del caro zio che ruolo avrà?
-Nessuna!
-Come?!
Rachel era sgusciata via. Di certo non sarebbero stati loro due a prendere per le sue decisioni. La vita era la sua!
Certo, prima però doveva trovare un ragazzo da presentare alla famiglia e poi avrebbe pensato al problema ora-mio-padre-lo-crepa-di-mazzate.
-Rachel!!! - l’urlo della sorellina, che le aveva appena perforato un timpano, la riportò alla realtà.
-Cosa c’è Shiri? - la bimba era in piedi davanti a lei; il suo visino, incorniciato da quella cascata di boccoli rossi, somigliava come mai a quello di un angelo.
-E’ arrivata la mezzanotte! Mi aiuti a scartare i regali? Edward non vuole!
-Ma certo piccolina!- le sorrise prendendole la piccola mano e conducendola sotto l’albero.
-Ora tu cerca tutti i regali con il tuo nome e io prenderò quelli con il mio. Poi li apriremo- disse Rachel alla bimba.
Quello era stato forse il Natale più ghiotto che lei avesse mai trascorso. Ogni anno i regali erano aumentati, soprattutto dopo l’arrivo dei suoi fratellini.
Quando radunarono tutti i regali, Rachel aprì per primo quello di suo padre, incuriosita dalla strana forma del pacchetto. Quando l’ebbe scartato, si trovò tra le mani una palla di vetro dentro la quale c’era una stellina d’oro, incastonata in una sfera fissata al centro dell’oggetto. Scuotendola, teneri, piccoli fiocchi di neve si dimenavano qua e là.
-Papà, ma è bellissima!-aveva urlato lei euforica, abbracciando il padre.
-Figurati! La desideravi tanto. Devi sapere che questa palla di neve è speciale! Se la scuoti ed esprimi un desiderio, te lo realizzerà!
-Davvero? Non ci credo!
-Prova allora!- la sfidò il padre.
Rachel passò il tempo restante nello scartare gli altri regali. Sua madre le regalò un completino azzurro molto carino che però avrebbe potuto indossare solo a tarda primavera e ricevette anche un braccialetto, un ciondolo, un kit di colori professionali e alcuni cd musicali.
A notte inoltrata, dopo varie partite a Seanbola e a giochi di società, accompagnati da champagne e panettone, la ragazza si apprestò ad andare a letto come i suoi fratellini. In camera regnava il completo silenzio ed arrivavano le voci schiamazzanti dei parenti appena lasciati, intenti a giocare e divertirsi fino all’alba. Indossato il pigiama, si butto sfinita sul letto e fissò la sveglia.
Sono già la quattro…e chi si sveglia domattina?!
Poi il suo sguardo si posò sulla sfera poggiata sulla scrivania. Suo padre era riuscito a renderla felice anche quell’anno; riusciva sempre ad indovinare quale oggetto desiderasse più di ogni altro ogni anno. La fissò a lungo incantata prima di alzarsi e prenderla tra le mani. Ripensò a ciò che le aveva detto il padre qualche ora prima:
“Se la scuoti ed esprimi un desiderio, te lo realizza!”
Perché non provare!
La ragazza la scuotè a lungo e pensò intensamente al suo desiderio più grande:
incontrare il suo principe azzurro e trovare l’amore della sua vita entro quell’anno.




2° CAPITOLO: VISION



La mattina seguente, Rachel aprì gli occhi che erano le undici di mattina. La madre era salita in camera per svegliarla, aprendo la finestra e scotendola.
-Ancora un altro po’ mamma!- l’aveva pregata la figlia sperando in un’oretta in più di sonno.
-Tesoro devi alzarti perché dovresti farmi una commissione!
-Cosa?! Mi hai svegliata per questo?! Ma sai a che ora mi sono addormentata ieri? Le gambe tu non le hai?- l’aveva sgridata la ragazza, ricoprendosi con le coperte.
-Che figlia ingrata. In questi giorni hai solo mangiato e dormito mentre tua madre sgobbava in cucina, e ora che ti chiede un favore neanche l’accontenti?
Rachel ci pensò un po’ ed infine accettò, presa dai sensi di colpa.
Si vestì in fretta, in modo da avere al più presto dalla nonna le uova e tornare subito a casa per continuare il suo riposino. Uscì ben vestita, con metà viso ben camuffato dalla sciarpa che le aveva avvolto il padre intorno al collo per coprirla al meglio dalle intemperie.
Camminò a passo svelto lungo la strada, affondando i suoi scarponi azzurri che calpestavano la candida neve, provocando un suono che Rachel amava molto. Le vie del paese erano illuminate da piccole luci colorate, e dalle finestre delle case, si udivano allegri cori natalizi. Il tutto veniva incorniciato dalla bianca neve e da una leggera brezza gelata, che procava un lieve brivido che percorreva tutta la schiena. A quell’ora poi, le strade profumavano di dolce, segno che non solo sua madre quel giorno sarebbe stata indaffarata con i fornelli.
Arrivata a casa della nonna, salì le scale rischiando le ossa del collo a causa del giaccio sui gradini, che la facevano scivolare ad ogni passo.
Citofonò diverse volte e anche quando, dubitando dell’udito dei nonni, tenne il dito premuto a lungo sul pulsante, non ottenne risposta.
Arresasi, vagò senza speranze alla ricerca di un poveraccio che la mattina di Natale tenesse aperto il suo alimentari, ma si trattava di una ricerca persa in partenza.
Quando ormai aveva perso ogni speranza, si trovò davanti l’unico alimentari aperto forse nel raggio di diecimila chilometri. Entrò di corsa ed incontrò Will, proprietario del locale e amico di suo padre.
-Ciao Will! Buon Natale! - esclamò.
L’uomo, un signore dall’aria gentile di circa sessant’anni, la salutò sorridendo:
-Ciao Rachel! Auguri! Come va? Vedo che ogni giorno che passa diventi sempre più bella!
-Non dire così quando sai che non è vero! Ma come mai oggi siete aperti?-chiese la ragazza stupita.
-E’ stata mia moglie. Dice che tutte le donne di questo mondo vorrebbero un alimentari aperto la mattina del venticinque, perché sicuramente mancherà qualche ingrediente per il pranzo. Solo che sono io quello seduto dietro questo bancone, dove arriva una ventata di aria gelida ogni qualvolta si apre la porta, mentre lei è a casa vicino al camino. Roba da non credere… - aveva sospirato l’uomo avvilito.
-Su Will! Per amore si fa tutto! E poi tua moglie ha proprio ragione! Infatti hai appena salvato la mia vita. Dove posso trovare le uova?
-Sono sull’ultimo scaffale ma sono abbastanza in alto…ti serve una mano?
-No, faccio da sola!- l’aveva ringraziato e si era diretta in fondo all’edificio.
Era un po’ piccolo per essere un alimentari ma era anche il più fornito. Rachel trovò le uova ma non pensava si trovassero così in alto; erano forse a un metro sopra il suo capo e neanche allungando la mano in punta di piedi vi arrivava. Ci provò svariate volte, saltò anche ma era inutile. Inoltre la pura di poter romperle la intimoriva. Tentò un’ultima volta, rassegnata nel chiamare Will, ma un’ombra la coprì. C’era qualcuno proprio dietro di lei e la sua mano arrivò più in alto di quella della ragazza, prendendo la confezione di uova.
Rachel si voltò subito e vide un ragazzo molto più alto di lei, slanciato, con lunghe gambe. Indossava pantaloni bianchi ed una maglia aderente ai suoi muscoli, nera, come i suoi meravigliosi capelli che seguivano in lunghezza il suo collo. Indossava occhiali da sole ed un cappellino, reggendo in mano un cappotto. Rachel lo fissò in silenzio ed infine lui le disse porgendole le uova:
-La prossima volta fatti aiutare.
La ragazza prese l’oggetto di cartone e rimase muta. La sua voce l’aveva fatta vibrare. Era calda e fredda nello stesso momento, tanto da farla tremare. Lui la fissò per poi voltarsi in silenzio.
-Grazie!-gli disse la ragazza ma lui si limitò a fare un cenno col capo. Il ragazzo pagò la sua confezione di zucchero ed uscì salutando il cassiere. Rachel si avvicinò a Will per pagare, continuando a fissare quella perfetta figura nera che contrastava col bianco della neve.
-Will, lo conosci? -chiese lei curiosa. Quel ragazzo l’affascinava e voleva sapere almeno qualcosa sul suo conto.
-Parli del signorino Hamilton? E’ il figlio del duca che abita in paese e viene qui raramente. Quest’anno la sua famiglia ha deciso di trattenersi per tutto l’anno ma non ne conosco il motivo!
-Così sarebbe un ragazzo altolocato, eh? Non l’avevo mai visto prima d’ora…Vabè, buono a sapersi! Quanto ti devo Will?

La via di ritorno le parve meno lunga. Col sacchetto ben stretto in mano, continuava a pensare a quel ragazzo. Era troppo bello per essere vero. Inoltre rispettava tutti i canoni del suo ragazzo ideale: alto, bellissimo, gentile, ricco, con una voce meravigliosa. In quel momento maledisse i suoi anni trascorsi all’asilo ad evitare i maschietti. Già, fin da piccola aveva odiato i maschi, perché li reputava stupidi e sporchi, e per questo motivo aveva solo amiche femmine e non aveva trovato ancora un ragazzo. Però quel giovane misterioso le aveva trasmesso nuove emozioni; il suo profumo inebriante l’aveva fatto sognare e sentire serena, cosa che non le era mai capitato. Tornata a casa, consegnò subito la spesa alla madre per poi correre subito in camera; accese il computer e navigò un po’ su internet alla ricerca di qualche informazione su quel ragazzo che l’aveva tanto incuriosita.
Trovò poche notizie; venne a sapere solamente che la famiglia Hamilton viveva a Rockers da ormai molte generazioni e l’ultimo discendente aveva avuto un solo figlio maschio. Intorno alla famiglia aveva sempre regnato il completo mistero ed era sempre stata molto riservata.
Porca miseria, non saprò mai chi era quel ragazzo! Pensò la ragazza.
Spense avvilita il computer e si accostò alla finestra. La sera precedente aveva dovuto nevicare ancora molto, perché il vialetto di casa sua spalato dal padre, appena il giorno prima, era di nuovo completamente bianco. L’inverno le era sempre piaciuto particolarmente, soprattutto per l’atmosfera che si respirava nel periodo natalizio. Aveva trascorso tutta la sua vita in quel paesino, uscendo sempre con le stesse persone, salutando sempre la stessa gente, sempre attenta al giudizio degli altri, a non dar adito ai pettegolezzi degli altri paesani. Forse ora che stava per compiere diciott’anni quella situazione le iniziava a stare stretta. Prese la sfera di neve regalatale dal padre il giorno prima ed espresse un altro desiderio:
-Voglio rincontrare quel ragazzo al più presto.
-Rachel! E’ pronto il pranzo! Scendi!
Rachel fu riportata alla realtà dalla voce squillante della madre e andò in sala da pranzo, dimenticando tutto quello a cui aveva pensato poco prima. La giornata trascorse velocemente e, in men che non si dica, si ritrovò sotto le coperte pronta per dormire e lasciarsi cullare da sogni innocenti.

Un altro anno era passato. Erano appena trascorsi i primi minuti del nuovo anno e Rachel iniziava a provare una strana sensazione dentro di se. Aveva urlato con tutta la sua famiglia il conto alla rovescia e ora tutti stavano brindando allegri. I suoi fratellini erano ormai crollati dal sonno e suo zio Mark era ormai diventato un tutt’uno con la bottiglia dello champagne, mentre i suoi genitori erano abbracciati per scambiarsi il primo bacio dell’anno. La figlia li guardava orgogliosa ed era fiera di loro. Si erano amati intensamente per tutti questi anni e Rachel si augurava lo stesso futuro, con il ragazzo che avrebbe amato per il resto della sua vita. La sola idea la faceva volare col pensiero e sentire diversa. Sentiva che un giorno la sua vita sarebbe cambiata e sperava in meglio.
Ed infatti i cambiamenti non tardarono ad arrivare.
Finite le vacanze natalizie, Rachel montò nuovamente sulla sua piccola Smart azzurra di seconda mano, regalata dalla sua famiglia il giorno del suo diciassettesimo compleanno, appese due dadi di peluche e, poggiato la zaino sul sedile di fianco, infilò la chiave. Era tanto che non sentiva il motore accendersi e palpitare sotto di lei e ora provava una bella sensazione. Salutò i genitori che la fissavano sull’uscio di casa ed ingranò la retromarcia. Ogni mattina doveva partire con una buon quarto d’ora d’anticipo per raggiungere la scuola, che distava un bel po’ dalla sua abitazione; questa era stata una delle motivazioni che spinse i suoi genitori a regalarle quell’auto. Premette l’acceleratore e imboccò il lungo viale ancora bianco per i resti di neve. Quando era dentro quell’auto si sentiva libera, spensierata, come se fosse diventata una donna adulta e autonoma. Dopo i quotidiani quindici minuti di viaggio, passata in compagnia della fedele stazione radio che trasmetteva sempre le sue canzoni preferite, parcheggiò l’auto nel solito posto e, come sempre, accanto alla sua auto, trovò quella della sua migliore amica, una Ford bianca, con una lieve ammaccatura sullo sportello posteriore lasciatogli da un ragazzino e la sua bicicletta indomabile.
-Rachel!
Eccola, Shannon, ragazza minuta, bellissima, eletta Reginetta dell’ High School Rockers appena l’anno prima, nonché sua amica del cuore, e tra le candidate del primo posto per la ragazza più carina di quell’anno; le sue probabilità di vittoria erano ormai sicure dopo aver visto le altre candidate: una Jennifer Freeman con un viso troppo ovale, una Mandy Cheery troppo infantile e stupida e una Rosemary Cold troppo seriosa. Shannon invece era a dir poco perfetta e Rachel trovava questa conferma ogni volta che la vedeva. Nonostante il freddo, le sue guance erano rosee e i suoi denti bianchissimi facevano pandane con il candore della neve. I suoi occhioni color cioccolato la stavano fissando euforici mentre apriva la portiera della macchina e scendeva dall’abitacolo. Non appena salì sul marciapiede, l’amica le saltò addosso, abbracciandola con foga.
-Che bello rivederti Rachel!-le urlò in un orecchio.
-Ciao Shannon!- le rispose Rachel un po’ frastornata, mentre lottava con le proprie gambe per mantenere l’equilibrio sull’asfalto ghiacciato.
-E’ tanto che non ci vediamo! Ho un mucchio di cose da raccontarti! Ma andiamo dentro, che qui si gela. - e le aveva preso la mano trascinandola con sé nell’aula di chimica. Non c’era ancora nessuno e Shannon si affrettò a liberarsi del cappotto bianco che indossava.
Perché i suoi capelli sono così perfetti?
Si era chiesta vedendo la morbida chioma bruna scendere sulle sue spalle e nasconderle la schiena. Il vestitino rosa evidenziava le sue graziose forme; doveva essere dimagrita durante quelle vacanze a differenza di Rachel, che sicuramente aveva messo su almeno un chiletto con tutte le leccornie che aveva ingurgitato.
Si sedettero subito in due banchi, uno di fianco all’altro, e Shannon iniziò la conversazione:
-Indovina?- le chiese.
-Il novecentonovantaduesimo ragazzo ti ha detto che sei bellissima?- aveva scherzato Rachel, con un sorriso.
-Stupida! Non dovresti sottovalutarti! Anche tu sei molto carina!- l’aveva rimproverata.
-Certo! Soprattutto con questo caschetto di capelli, che sono l’incrocio tra il biondo di mia madre e il rosso di mio padre, pensa tu che sensualità!
-Non dire così! Comunque, ti stavo dicendo… non ci crederai mai! Mi è successa una cosa che credevo possibile solo nei miei sogni più remoti…
Rachel alzò lo sguardo e vide il volto luminoso dell’amica che stava giocherellando con un boccolo dei suoi capelli, nell’attesa di una risposta.
-Aspetta…non mi dirai che tu e James Phillis…-mentre pronunciava queste parole, vide sul volto di Shannon allargarsi un gran sorriso.
-O mio Dio! Ma è meraviglioso!-aveva esclamato Rachel abbracciandola. Conosceva Rachel da ormai sedici anni e di certo erano amiche per la pelle. A vederla, con la sua passione smisurata per gli abiti rosa e i fiocchetti, poteva apparire una ragazza frivola, senza cervello, ma Rachel sapeva che non era così. Shannon era certamente una ragazza bellissima e non avevano molto in comune in quanto ad aspetto fisico. Lei era minuta, nei suoi quarantaquattro chili, amante della roba femminile, mentre l’altra di media statura nei suoi invece cinquantatre chili, con il suo abbigliamento sportivo e il suo odio spasmodico per il rosa. Erano due persone opposte, si, ma, nonostante tutto, molto simili. Se conosciuta a fondo, Shannon si rivelava una preziosa amica, generosa e molto sensibile. Molte volte aveva sofferto a causa delle cattiverie dette dalle altre ragazze della sua stessa età, invidiose della sua bellezza, ma a lei bastava avere Rachel con sé; la conosceva come le sue tasche e sapeva che se c’era una cosa che annebbiava la mente di Shannon era James Phillis. Molti ragazzi le avevano fatto la corte e lei aveva sempre rifiutato perché aspettava il giorno che si presentasse James, ma quel momento non era mai arrivato. Lui era un ragazzo molto popolare a scuola, bello, atletico, campione di baseball e con Shannon avrebbe formato la coppia perfetta, anche perché lei era follemente innamorata di lui.
-E dimmi com’è successo?-le chiese Rachel.
-Ecco, il giorno di Natale, il suo miglior amico, Matt Kramers, è venuto da me dicendomi che James sarebbe voluto uscire con me il giorno seguente…cosa un po’ squallida mandare il tuo amico in verità, però…insomma, il ventisei mi ha portata al cinema. Mi ha pagato il biglietto per il film, offerto da mangiare e regalato questa!-disse mentre le mostrava una collanina con il ciondolo di una stellina.
-Uao! Ha speso un bel po’ per essere il primo appuntamento. Quando festeggerete il primo mese che state insieme cosa ti regalerà? Una limousine? E dimmi, ti ha baciata?
-Smettila Rachel! Sai che non faccio certe cose al primo appuntamento!…-poi rise.
-Ah! Vuol dire che l’hai fatto al secondo! -ammiccò Rachel.
Shannon rise di gusto e poi le disse con gli occhi che le brillavano:
-Non vedo l’ora di rivederlo oggi!
Poi furono interrotte dall’ingresso del resto del resto della classe e del professore, il quale fece l’appello e iniziò la lezione. Due ore di chimica passarono lentamente, molto lentamente dopo il periodo delle vacanze natalizie, ovvero un periodo di rilassamento totale con i libri di scuola accantonati nell’angolo più buio della camera e rispolverati solo qualche giorno prima, per svolgere i compiti assegnati. Rachel aveva passato una notte intera sveglia per terminare in tempo la sua ricerca di chimica e, osservando il professore, pensava a come potersi vendicare nel caso non le avrebbe messo una A.
Finalmente la campanella suonò e Shannon prese l’amica sottobraccio, accompagnandola a mensa con lei.
-Ti spiace se invitò James a sedersi con noi?-le aveva chiesto davanti la grande pila di vassoi per il pranzo.
-Così te lo presento!- aveva aggiunto per convincerla. Rachel non potette dire di no allo sguardo di supplica di Shannon e annuì sconfitta. L’amica sorrise raggiante e, dopo aver riempito il vassoio, saltellò da James. Rachel li osservò dal tavolo e, vedendo le loro mani unirsi e il sorriso raggiante di lei, capì che il ragazzo aveva accettato volentieri l’invito. Li vide avvicinarsi allegri, mentre lui avvolgeva le spalle di lei con il suo braccio. Tutti li fissavano, la nuova coppia che faceva scalpore, e a vederli sembravano due divi del cinema che giravano “Via col vento”.
-James, lei è Rachel, la mia migliore amica. Rachel, lui è…James! -concluse senza trovare un aggettivo per lui.
-Piacere! - sorrise James allungando la mano che Rachel strinse.
-Shannon mi ha parlato molto di te. - ammise Rachel, sentendo subito dopo un dolore lancinante al ginocchio, provocato da un calcio di Shannon che la fissava con un sorriso ebete.
-Davvero? Ne sono felice. Ti dirò, avevo paura che lei mi respingesse ma per fortuna non è andata così.- disse lui facendo nasino nasino con Shannon.
-Già…che fortunato…-rispose Rachel disgustata.
-Ma dimmi- disse lui voltandosi di nuovo verso di lei, dato che la bruna era andata a prendere una bottiglietta d’acqua- da quanto conosci Shannon?
-Praticamente da quando siamo nate. Perché?
-Non so se la pensi come me, ma a me danno fastidio i commenti delle altre persone.
-Cosa vuoi dire?-si incuriosì vedendo il volto serio di lui.
-Bè, inizialmente non ero molto attratto da lei, in verità. Si, è carina, non c’è che dire, ma la credevo una ragazza infantile, con tutti quei fiocchi e merletti, ma mi sbagliavo. E’ una ragazza molto intelligente, che sa il fatto suo. Mi affascina questo suo carattere celato dall’apparenza. Forse è per questo che tutti l’amano…o forse le vogliono bene solo per la sua bellezza e solo io mi perdo in queste teorie filosofiche!-ridacchiò lui.
Rachel lo fissò muta, guardandolo accogliere il ritorno di Shannon come se avesse davanti Venere in persona. Due erano le probabili spiegazioni per il discorso del ragazzo: o stava cercando di ingraziarsi la sua amicizia lodando la sua migliore amica o doveva veramente voler bene a Shannon. Forse James non era solo un idiota.
-E dimmi Rachel- riprese lui - tu ce l’hai il ragazzo?
Rachel finì quasi col soffocare con la sua mela.
-Fortunatamente per tutti i ragazzi della scuola no. Sai, sono un pericolo pubblico!- scherzò lei.
-Non dire così, guarda che non sei tanto male.
Shannon gli diede una gomitata nello stomaco e a lui mancò l’aria.
-Scusalo, non intendeva dire che…-intervenne lei.
-Lascia stare Shan. Lo prendo come un complimento, in fondo mica mi ha definita un mostro in stato di putrefazione!-sorrise Rachel.
Addentò di nuovo la mela. In effetti era deprimente il fatto che, a quasi diciott’anni compiuti, lei non avesse ancora neanche dato il primo bacio. Fissò l’entrata della mensa; come avrebbe voluto che ora un Brad Pitt o un Jhonny Depp entrasse da quella porta e la portasse via. Ma la porta si aprì davvero…che Jhonny fosse veramente lì? La mela le scivolò dalle mani. Quello che vide fu meglio di qualunque altra immaginazione.
Shannon e James si voltarono seguendo lo sguardo incantato di Rachel e finirono col fissare un ragazzo alto e bellissimo. Shannon si perse in quegli occhi azzurro intenso e James fissò i suoi muscoli, in rilievo sotto il lupetto nero, dello stesso colore dei suoi capelli. Quando si avvicinò al tavolo, il ragazzo si alzò ed avanzò verso lo sconosciuto.
-Vaan! Sei tu vero? Come stai?- gli urlò abbracciandolo.
L’altro lo riconobbe e lo ricambiò con un sorriso perfetto.
-James!
-E’ tanto che non ci vediamo! Da quando sei in città?
-Sono tornato nel periodo natalizio con la mia famiglia. Terminerò gli studi in questa scuola.
-Veramente? Miraccomando, entra nella nostra squadra di basket. Quest’anno è fortissima. Ma siediti con noi. - lo invitò James, euforico.
-Scusa ma non posso. Devo raggiungere un amico che ora vive da me. Scusami, sarà per un’altra volta. - e così dicendo se ne andò, con aria fiera.
-James, lo conosci?-gli chiese Shannon.
-Certo! E’ Vaan Hamilton, figlio del duca della città. Giocavamo spesso insieme da bambini ma poi, dopo la morte di sua madre, è partito per gli Stati Uniti e non l’ho visto più. Ma a quanto pare ora lo vedrò tutti i giorni!
-Rachel, ti senti bene?-le chiese l’amica.
La ragazza era rimasta con lo sguardo perso nel vuoto. Era lo stesso ragazzo che aveva incontrato il giorno di Natale al supermarket. Non l’aveva riconosciuta, è normale, ma ora Rachel era annebbiata da una constatazione…il suo desiderio si era avverato...

-CONTINUA-

 
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